Ensisheim Meteorite Show 2022

Il socio Ennio Ravizza , che ha partecipato al “Ensisheim Metorite Show 2022” tenutosi ad Ensisheim, Francia,  17-19 giugno,  ci  ha spedito questo bellissimo reportage.
Ennio, che agli inizi della nostra attività divulgativa, ci aveva già fornito degli ottimi articoli per il nostro “Notiziario”, oltre ad essere brillante nello scrivere è anche un serio e preparato collezionista di meteoriti che, in pochi anni, è riuscito ad allestire una collezione molto importante.

Buona lettura

“Se sei un appassionato di meteoriti devi andare, almeno una volta nella vita, alla Bourse aux Meteorites di Ensisheim; così come un musulmano deve andare alla Mecca”. Quante volte me lo sono sentito dire.
Cancellata due volte a causa della pandemia, quest’anno la fiera alsaziana è tornata; quindi non ho scuse, faccio il pieno alla macchina e mi metto in viaggio.
È facile, da Milano. Da Chiasso si taglia la Svizzera fino a Basilea, poi si entra in Francia e si arriva ben presto a Ensisheim. È un tragitto interamente in autostrada, tranne i pochi chilometri finali.
Il viaggio è tranquillo e piacevole. Si accarezzano i laghi. I prati sono ben tenuti. Le montagne mostrano frange di neve. In poco più di quattro ore si arriva. L’unico inghippo sono i 17 chilometri della galleria di San Gottardo: se non si calcola meticolosamente l’ora di passaggio, si rischia di restare invischiati in code chilometriche. A me va bene: passo all’ora di pranzo e aspetto solo una decina di minuti.

Ensisheim è un sonnacchioso villaggio senza attrattive. Poco più di settemila abitanti, un paio di alberghi, altrettante chiese, un carcere. Case basse. Sui campanili, i comignoli e le gargouilles nidificano le cicogne. I pulcini stanno crescendo; ogni tanto si sentono sbattere i becchi. All’orizzonte si profilano i Vosgi, zona di castelli e vini famosi. Si parla francese, ma gli anziani conservano ancora l’Elsassisch, un dialetto fortemente influenzato dal tedesco.
A celebrare la caduta della meteorite ci sono alcuni murales e una ricostruzione aberrante. È addossata al muro del carcere. Un masso colorato posto in fondo a un solco tracciato nella ghiaia, con un cartello probabilmente colorato dagli alunni delle elementari… e un idrante rosso che buca dallo sfondo.

La fiera si identifica subito. La piccola piazza centrale è occupata da una largo tendone ingombro di tavoli. Gli espositori più affezionati conquistano invece il primo piano del Palais de la Régence, l’ex municipio, un edificio d’arenaria bionda del 1535 che a pian terreno ospita il Musée de la Régence. È lì che viene conservata la meteorite che ha fatto la storia, in una vetrina a colonna. Altèra e regale, poggia su una base di stoffa rossa, indifferente agli appassionati che le girano attorno in un inesplicabile silenzio da cattedrale. Sussurrano tutti. Quasi volessero evitare di infastidire Sua Maestà.

È un sasso che ha vissuto sulla Terra i suoi momenti più strani. Maneggiato da un imperatore, incatenato in una chiesa… certamente i miliardi d’anni nello spazio sono stati i più tranquilli. Ne sono rimasti 55 chili, dei 127 originali, ma bastano a profondere una magnetica aurea di sacralità. A pochi metri, chissà perché, c’è un campione di Imilac, dono di un collezionista. Inadeguato, sembra la minuta ancella di un’ammaliante regina. Forse lo hanno messo lì per riconfermare un gemellaggio virtuale fra Nuovo e Vecchio Mondo, già sancito dalla regina che è atterrata pochi mesi dopo la scoperta di Colombo. Sono queste le uniche meteoriti: per il resto il museo racconta la storia mineraria e di fatica della regione.

La fiera inizia al venerdì pomeriggio, per i commercianti, ed è aperta sabato e domenica per il pubblico. In realtà le porte sono sempre spalancate e può entrare chiunque, fin dal venerdì. Sui tavoli ci sono quintali di sassi spaziali. Tutti i maggiori commercianti del mondo si sono dati appuntamento qui, mancano solo un paio di americani e di spagnoli. Mike Farmer è in Costarica, a caccia di Agua Zarcas. Gli iberici prediligono le transazioni online. Ci sono perfino i russi, che hanno aggirato le sanzioni sulle compagnie aeree passando dalla Turchia: la Turkish Airlines non ha smesso di collegare Mosca all’Europa.

Le NWA fanno la parte del leone, intere o affettate. I marocchini hanno tavoli caotici: decine di pietre rovesciate alla rinfusa, senza scatole, senza etichette. Alcuni di loro, pochi, si sono adeguati allo stile europeo e rivendono prodotti inscatolati ed etichettati, anche non NWA. Appena percepiscono un minimo d’interesse, ti sussurrano mielosi “Seulement pour toi, je fais une remise spéciale”… ma l’esercizio del dubbio, su un’affermazione del genere, resta la migliore strategia.
Qua e là sbucano intrusi: francobolli e cartoline a tema meteoritico, un calco in resina della Adamana – la Venus Stone -, perfino vari fossili mimetizzati tra alcune fette di NWA.
Il tavolo più interessante è quello di Mark Lyon. Grandi fette ben lavorate; materiale di ogni genere e provenienza. Prezzi alti. Con la sua barba fluente e gli occhiali, Mark sembra il mormone dei film western: gli manca solo il cappello a tesa piatta.
Ci sono tavoli monotematici: uno è quasi interamente dedicato ad Almahata Sitta, l’altro a Benenitra, la meteorite malgascia che il venditore indica come la ‘météorite de l’éclipse’, perché la caduta è avvenuta in coincidenza con un’eclissi lunare totale. Entrambi espongono sia frammenti di pochi milligrammi sia campioni molto grandi.
Ci sono tavoli che hanno invece un respiro globale, con l’ovvia eccezione dell’Antartide, come quelli di Sergey Vasiliev e Marc Jost. Due cacciatori di meteoriti tutt’ora in attività, da poco rientrati dal Cile con campioni di Imilac e Los Vientos. Stanno già preparandosi a partire per il Marocco, in autunno, quando ci saranno delle temperature che permettano di affrontare il Sahara. Marc, svizzero, possiede la più grande collezione di meteoriti d’Europa ed è lo scopritore della Twannberg. Al suo tavolo si danno appuntamento direttori e curatori di musei, professori universitari e collezionisti famosi, come Peter Marmet e tanti altri. C’è chi anticipa la pubblicazione di articoli sulla sorprendente NWA 12520, chi segnala recenti libri o propone nuovi studi.

L’unico italiano è Giorgio Tomelleri, che esibisce campioni bellissimi ma, praticamente, destinati solo a musei o a ricchi appassionati, visto il prezzo. Con le mani tremanti, tira fuori dalle scatole i pezzi migliori, te li mostra in fretta e li ripone immediatamente, imballandoli con la delicatezza di un padre. È arrivato qui con un camper che resta per l’intera giornata parcheggiato sotto il sole. Alla sera è un forno. Lui e la Lina devono cercare di dormire con gli oblo aperti ma temono che sia una soluzione poco sicura… quindi, vuoi per il caldo, vuoi per la preoccupazione, non riescono praticamente a chiudere occhio!
A due passi da lui, un tavolo è occupato da tre fette enormi di Aletai. Sono lunghe almeno un metro. Due esibiscono le figure di Widmanstätten, la terza deve ancora essere acidificata. Mostra qualche segno di ruggine, in attesa di venire stabilizzata. Sabato pomeriggio, una fetta non c’è più e il venditore sta già reinvestendo il ricavato. Gli fanno gola le Tissint di Tomelleri. La trattativa si preannuncia avvincente.
Eccolo, il vero volto di Ensisheim. Aperta ai collezionisti, è in realtà l’occasione sicura per i commercianti, che scambiano, discutono, trattano. Come è giusto che sia, dato che Monaco è soffocata da minerali e gioielli e Tucson è lontana.
Infatti, Francesco Moser non ha nemmeno preso un tavolo. Si aggira con un quadernetto, presto sgualcito, su cui prende note, immagina profitti, imbastisce trattative e riempie borse. Lui è arrivato anche per una sorta di rito personale in ricordo di Mauro Ianeselli, di cui era grande amico e con cui è sempre venuto qui.

Tuttavia, non è giusto derubricare Ensisheim a un mero mercato per i commercianti. In realtà offre occasioni a tutti: sui tavoli si vedono scatole di ogni foggia e dimensione. Qualunque collezionista – o anche il semplice appassionato – può trovare soddisfazione per le proprie aspettative e le proprie tasche. Si possono acquistare sia i pezzi di centinaia di chili sia dei frammenti che sembrano reliquie medievali. Gli spagnoli sono i più forniti di materiale a basso budget e i loro tavoli si affollano dei visitatori più giovani (molto pochi, per la verità).
L’indiscusso re della minutaglia è Pierre-Marie Pelé, un francese tronfio e obeso che si atteggia a grande scopritore, anche se nessuno sa cosa abbia scoperto. Il suo tavolo è coperto di scatoline piccolissime con frammenti minuscoli. Il trionfo del milligrammo! Roba che, per capire che siano meteoriti, devi avere a casa uno spettroscopio Raman!

L’aria è densa di polvere. La canicola impazza. Sabato mattina i visitatori si accalcano, ma al pomeriggio spariscono quasi tutti, vinti dai 36 gradi e dalla mancanza di ventilazione. Domenica è anche peggio. Chiedo a una barista se questa temperatura, in questo periodo, sia normale. “C’est l’Alsace, monsieur”, mi risponde, “Qui passiamo dal molto caldo al molto freddo: non conosciamo le mezze misure”.
Tomelleri si deterge il sudore con una pezzuola bagnata, ma non sembra avere un gran successo nemmeno piazzandosi davanti a un ventilatore.
I commercianti/collezionisti più scafati combattono la calura seduti ai minuscoli tavolini del kebabbaro di fianco all’ingresso del Palais. Birra, riesling e Gewurztraminer ghiacciati. Fino all’orario di chiusura, in serata. Poi si spostano poco più in là, fino a tarda notte, continuando a ‘idratarsi’ e a discutere di lunari, marziane e CAI. Millantano di ricordare perfettamente il peso della fettina di aubrite venduta cinque anni fa. Sembrano una bizzarra setta religiosa che celebra i suoi cerimoniali, in cui tutti sono sacerdoti e ciascuno ha il diritto all’omelia.
Può sembrare strano ma è un ambiente piacevole, mai greve, permeato di competenza.

Conclusione: torno a casa con tre nuovi sassi, ho pianificato la mia visita dell’anno prossimo alla Route des Vins d’Alsace, mi sono divertito. Tornerò, perchè “Se sei un appassionato di meteoriti devi andare, almeno una volta nella vita, alla Bourse aux Meteorites di Ensisheim; così come un musulmano deve andare alla Mecca”.